Solo dopo aver gustato si può veramente vedere
Continuiamo, questa domenica la riflessione sul versetto del Salmo 33: Gustate e vedete come è buono il Signore. Dopo esserci soffermati sul primo verbo, gustate, poniamo l’attenzione sul secondo: vedete.
Solo dopo aver gustato si può veramente vedere!
Conoscere Dio, secondo la mentalità biblica, significa anzitutto gustarlo, come si gusta un cibo prelibato. Tutto ciò che di Lui si può conoscere nasce dal «gustarlo»;, senza tale esperienza, qualsiasi riflessione, non sarà una Teo-logia ma solo un esercizio razionale.
Una triade inscindibile
San Tommaso, nel commentare il salmo [In Psalmos 33], individuava, nel versetto salmico una triade inscindibile; c’è il gustare, è l’esperienza interiore, l’experientia consorti divini; da essa subito nasce una prima conseguenza: vedete. E’ il giudizio, la certitudo intellectus.
Nell’opera d’arte del Caravaggio è ben chiara la stretta concatenazione tra l’esperienza del gustare e il giudizio conseguente. I due discepoli, commensali di Cristo, quasi schizzano dalla sedia quando a loro è offerto il Pane di vita. Quello sulla destra allarga le braccia stupefatto per ciò che ora sta ‘vedendo’; con la mano sembra bucare la superficie del quadro permettendo così all’osservatore di entrare nella scienza e con-dividere.
L’altro discepolo, posto di spalle sembra scostare di scatto la sedia per lo spavento. Si alza davanti al suo Signore che credeva perso per sempre.
Ma per enfatizzare ancora di più lo stretto rapporto tra ‘gustare’ e ‘vedere’ Dio, occorre andare al terzo personaggio: all’oste. Ha servito il cibo ma non ne ha mangiato. Non riesce a vedere l’identità di chi gli sta seduto davanti. Lo sguardo distaccato non guarda il Cristo ma si perde nel vuoto: non prova alcuna emozione, non è stupito; totalmente assorbito dalla sua quotidianità non si accorge del Mistero che pur sta visitando la sua casa.
Ma, ritornando a san Tommaso, ancora non ci siamo soffermati sul terzo elemento della triade: come è buono il Signore! E’ la seconda conseguenza del gustare, la securitas affectus, l’atto d’amore ineffabile. Solo gustando Dio possiamo cogliere il sapore dell’eternità: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui… ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno.