Nessuno può servire due padroni

Nessuno può servire due padroni…. non potete servire Dio e la ricchezza. Per chi vuole essere suo discepolo Gesù chiede una scelta precisa tra due possibili opzioni esistenziali. Una fondata sul possesso, sull’inquietudine per la realtà del mondo;  l’altra sulla relazionalità, sulla fiducia in Dio. L’evangelista Matteo invita il suo lettore ad inoltrarsi nella propria interiorità per decidere dov’è il suo cuore e di conseguenza cosa considera prezioso, in cosa consiste il suo tesoro. Gli chiede il coraggio dell’onestà verso sé stesso e vivere con coerenza la sua scelta quotidianamente.

Un’opera d’arte che ‘mette in figura’ la richiesta evangelica è un olio su tela di Johannes Vermeer dal titolo Donna con una bilancia. E’ possibile ammirarla al  National Gallery of Art, di Washington.

J. Vermeer, Donna con una bilancia, 1664.
J. Vermeer, Donna con una bilancia, 1664.

 In un angolo di una stanza una donna, bella ed elegante è accostata ad un tavolo, ha tra le mani una bilancia, è concentrata a fare qualcosa. Forse perché la bilancia è quella utilizzata dagli orafi, forse per le presenza, sul tavolo,  di gioielli, la descrizione tradizionale dell’opera ha sempre suggerito che la donna stesse pesando i gioielli interpretandola come simbolo della vanità. In realtà essa sta attendendo l’equilibrio perfetto tra i due piccoli piatti della bilancia ancora vuoti. Un gesto banale, necessario, quotidiano. Una raffigurazione perfetta, dipinta con un’arte straordinaria, che si inserisce in quel copioso filone pittorico del secolo d’oro olandese dove la pittura di genere era tra le preferite degli artisti.

Dove sono le tracce che fanno di questo capolavoro un’opera teologica?

Possiamo individuare tre particolari, a partire dai quali, è possibile leggere l’opera come pagina di evangelo raffigurata.

Il primo è la luce che dall’alto entra nella stanza illuminandola. Dona all’ambiente un gioco di ombre perfetto permettendo all’osservatore di percepirne la tridimensionalità. E’ lo Spirito Santo che illumina la vita di ogni persona. Lo Spirito  vivificante che aiuta chi lo invoca a individuare la strada per raggiungere la propria realizzazione. Lo Spirito di verità che fa comprendere la differenza tra il reale, il possibile e l’evanescente. 

Il secondo elemento è quel drappo azzurro, dalle copiose e morbide pieghe, presente sul tavolo. Già altre volte ci siamo ritrovati a riflettere sulla preziosità del colore. Affascinante per le innumerevoli sfumature che può assumere,  costoso economicamente, è stato utilizzato dagli artisti per indicare cose preziose, in modo particolare il divino. Quel drappo quasi sacralizza il tavolo, lo rende altare presso cui andare per incontrare Dio e riflettere sulla propria esistenza. 

Infine il gesto della donna, grazie ad un equilibrio compositivo, rimanda al terzo elemento: il quadro appeso alla parete raffigurante il Giudizio Universale ( probabilmente opera di Jacob de Backer, pittore fiammingo noto per l’immagine del Salvatore con entrambe le braccia alzate).  Una composizione dinamica che instaura un  sottile dialogo fra il gesto della donna e quello del Cristo. Una ricerca di equilibrio nella propria esistenza alla luce della giustizia divina. Il mio giudice, proclama Paolo, è il Signore! Lo specchio, dentro cui la donna riflette la sua immagine, enfatizza l’idea di questo atteggiamento che il cristiano deve avere. Costruire la propria identità unicamente alla luce di Cristo: il garante della vera Verità.