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Ma voi chi dite che io sia

 

Tu sei il Cristo!

E’ la risposta che Pietro per primo ha dato e, da più di duemila anni, ciascun fedele replica! Unica professione di fede valida che conduce il cristiano a non confondere l’esperienza religiosa con un complesso filosofico, ma anche ad andare ben oltre l’assunzione di una rigida dottrina, oltre un complesso etico.

Riconoscere in quell’uomo il Cristo, è il punto di svolta che permette di toccare, di respirare, di vedere il Trascendente. Cristo è la cifra di Dio in mezzo a noi. Ma l’Unto di Dio ha scelto un luogo ben preciso dove dare appuntamento agli uomini: sulla croce. L’essenza della vita, la vera felicità, quella eterna, a cui tutti possiamo arrivare, parte da lì, da quell’albero sacrificale. Su di esso si concentrano tutti i drammi dell’umano; in quell’uomo/Dio che vi è crocifisso sono iscritti  gli interrogativi e le domande di tutta la storia umana.

E’ questo il concetto che ispirò Georges Rouault per le sue meravigliose incisioni del Miserere, realizzato tra il 1917 e il 1927-28. Le 58 incisioni sono un grido di protesta contro la violenza, l’ingiustizia. Noi ammiriamo quella dal titolo Jesus sera en agonie jusqu’à la fin du monde. C’è Cristo, dipinto con grossi tratti, appeso ad una croce posizionata fuori campo: non si vede ma l’osservatore ne intuisce, senza ombra di dubbio la presenza.

Georges Rouault, Jesus sera en agonie…, Museum of Contemporary Religious Art Saint Louis University

 

 Il corpo devastato del Figlio di Dio, uomo del dolori, si fa simbolo del dramma dell’uomo, di ciascun uomo. Sulla croce, l’uomo e Dio diventano un solo sguardo  che però custodisce una speranza, quella della resurrezione.  In questo senso, la kénosi del Servo sfigurato non può essere separata dal fulgore del Re-Messia, da colui che è il più bello tra i figli dell’uomo. E’ da qui che si comprende l’invito a prendere la propria croce. Perché solo attraverso di essa, perdendo la propria  vita, si acquista l’eternità.