La Trasfigurazione

La Gloria di Dio

Nella Trasfigurazione Gesù manifesta lo splendore della sua natura divina  pur mantenendo il suo aspetto. Nonostante la difficoltà di interpretazione per l’assoluta unicità dell’evento, è un episodio storico, realmente accaduto davanti a tre testimoni, Pietro, Giacomo e Giovanni che, successivamente, lo hanno riportato. I tre sinottici ‘collocano’ l’episodio nella stessa posizione, centrale, segnando così  la svolta tra la predicazione di Gesù in Galilea e l’andata a Gerusalemme.

Tra le opere d’arte che raccontano l’episodio, vi propongo di ammirare quella di Giovanni da Fiesole, monaco domenicano conosciuto come Beato Angelico. Il religioso, tra il 1438 ed il 1446/50 affrescò il monastero di san Marco a Firenze; posizionò le sue opere in modo che vi fosse, per i frati, un continuo richiamo al mistero di Cristo.  Nella cella numero 6 dipinse la Trasfigurazione.

La scena evangelica è chiusa da un grande arco che suggerisce l’articolazione tra due spazi: quello reale della cella e quello dell’evento glorioso dove si è invitati ad ‘inoltrarsi’ per meditare.

Un’opera ecclesiologica

Premesso che l’arte dell’Angelico  è comprensibile solo attraverso la conoscenza della filosofia di Tommaso d’Aquino di l’artista fa una mirabile sintesi iconografica, è possibile fare di tale opera un’interpretazione ecclesiologica.

La figura statuaria di Gesù è appoggiata saldamente su un basso rialzo roccioso. Il viso del Nazareno è raffigurato come in un’antica icona: ieratico, ha lo sguardo dritto verso l’osservatore, i lineamenti sono stilizzati e il  capo nimbato da un’aureola cruciforme. Ma ciò che colpisce è la sua postura che delinea  una croce. Diventa in questo modo Egli stesso un crocifisso vivente intorno al quale si radunerà la sua Chiesa. Di quest’ultima sono raffigurate le fondamenta ovvero gli Apostoli.  L’artista è riuscito, attraverso un gioco di sfumature,  a rappresentarli in totale simbiosi con la roccia.  Ancora un altro appunto: così raffigurato  il Cristo riassume in sé  un duplice movimento:  di exitus  e reditus.  Le braccia tese sembrano voler accogliere il mondo e da quest’ultimo ritornare sotto forma di preghiera. In definitiva quest’ opera  diventa essa stessa una preghiera.

Infine la mandorla di luce abbagliante  che avvolge Gesù ma, non riesce a contenerlo pienamente: Cristo è il Signore, la sua Gloria sovrasta qualsiasi realtà emergendo dall’esplosione di energia divina che la figura ellissoide delinea. Quella Lux originaria diventa  lumen diffuso storicizzandosi ed incarnandosi nella luminosità astratta dell’oro diffondendosi sulla Chiesa e sul mondo intero.