Il santo di Dio

La finestra sull’Eterno

Cafarnao, al tempo di Gesù, era una delle città più grandi e conosciute della Galilea; posta  sulle sponde del mare di Galilea, lungo la strada che collegava  Beisan a Damasco.  Vi abitavano  Pietro, suo fratello Andrea, Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo. Probabilmente anche Gesù vi soggiornò per lungo tempo e, nella sinagoga della città, fece il suo esordio ufficiale come predicatore e taumaturgo.

Nell’Abbazia benedettina di Lambach, costruita nel 1032 da Sant’Adalberto e situata sulla riva sinistra del fiume Traun, è possibile ammirare un affresco dell’XI secolo che si riferisce all’episodio dell’indemoniato raccontato dall’evangelista Marco. La scena si svolge all’interno della sinagoga; un lungo cornicione ne delimita la linea perimetrale superiore mentre una serie di colonne di tipo corinzio, definiscono gli spazi interni. Fuori, ai due lati, si intravede la città. Sullo sfondo un  imponente cielo blu, vasto e profondo che sovrasta tutta la raffigurazione: è il Regno dei Cieli che, dal suo profondo Mistero ha inviato il suo messaggero.

Ed eccolo il Messia, al centro, fulcro di tutta la scena. E’ in  una posizione frontale e indossa un chitone bianco e l’Himation rosso, simbolo della sua divinità. E’ il Santo di Dio venuto a proclamare l’inizio del Regno. L’aureola crociata è il simbolo della sua dignità divina. La sua postura sicura, dritta, fa trasparire la sua autorevolezza: ciò che Marco vuol far intendere in questo episodio non è ciò che Gesù dice, ma il modo: Parlò con autorità. Il suo volto è maestoso, dagli occhi penetranti che fissano non l’indemoniato, non le altre persone, ma chiunque si pone davanti all’immagine! E’ la finestra dell’Eterno che guarda, che ci guarda e che si fa guardare.

 Ai piedi del Nazareno l’indemoniato! Con il suo sguardo malefico guarda Gesù. E’ il primo a riconoscerlo come il Santo di Dio. Una delle formule più antiche che la prima cristianità usava per affermare la divinità di Gesù. Alcuni biblisti definiscono gli spiriti immondi ‘i teologi di Marco’, essi infatti, con due soli appellativi sintetizzano l’intero mistero del Verbo Incarnato.

Sui due lati due gruppi di persone. A destra di Gesù i Dodici; sono riconoscibili Pietro, in prima fila, dietro di lui Giovanni. Dall’altro lato il gruppo delle autorità religiose e laiche che si stupiscono e si scandalizzano davanti a Gesù. Ma il Nazareno parla ed agisce nella piena e libera coscienza del suo ruolo: Egli è il Maestro che si rivolge all’uomo in piena autorità  perché ha con sé la compagnia del Padre e in sé la forza dello Spirito.