Un passamani prezioso

Un episodio realmente accaduto?

Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci è citato da tutti gli evangelisti, per la precisione Marco e Matteo  riportano persino due racconti ma con dei  particolari diversi tanto da non lasciar pensare che sia la ripetizione dello stesso episodio.

Gesù ha fatto veramente quel miracolo? Gli studiosi hanno proposto molteplici interpretazioni, a volte anche ‘troppo originali’; per alcuni, il racconto, è talmente pieno di simboli da essere inequivocabilmente un racconto inventato per esaltare il dono dell’Eucarestia. Non è questo ‘il luogo’ per poter approfondire tale questione; voglio solo ricordare quanto tanti bravi biblisti ci insegnano: nei racconti dei miracoli vi è un simbolismo innegabile ma esso non esclude la realtà storica dell’evento, anzi la presuppone. È il fatto  accaduto che diviene simbolo d’altro. La moltiplicazione dei pani e dei pesci divenne uno dei segni più importanti compiuti dal Signore perché in esso le prime comunità vi leggevano l’anticipo e la comprensione del significato profondo della cena eucaristica. Ecco perché tutti gli evangelisti lo riportano accentuando, ognuno di essi, qualche caratteristica particolare. E’ un episodio assunto dall’arte come simbolo eucaristico fin dai primi tempi dell’era cristiana e, in un certo senso, sostituiva la raffigurazione dell’ultima cena che troviamo nei secoli successivi. L’arte paleocristiana è ricca dei particolari che si riferiscono al miracolo.

Due chiavi di lettura

Nel brano che questa domenica la liturgia ci propone la versione matteana;  viene posto in evidenza oltre al riferimento eucaristico,   il ruolo fondamentale dei discepoli. L’opera d’arte che pone in chiara relazione queste due chiavi di lettura,   è una tavoletta di Avorio risalente all’XI o XII secolo custodita nel Museo Diocesano di Salerno.

Moltiplicazione dei pani – Ultima cena, avorio scolpito, sec. XI-XII.
© Soprintendenza BSAE di Salerno e Avellino – Museo Diocesano di Salerno.

 

Un passamani prezioso

L’opera è divisa in due registri: in quello inferiore c’è una duplice raffigurazione, la lavanda dei piedi e la santa Cena, in quello superiore il miracolo dei pani e dei pesci. Un parallelismo colto dall’artista ma voluto dall’evangelista quando nel suo racconto scrive: sul far della sera. E’ lo stesso momento dell’Ultima Cena. Matteo non sta raccontando solo un fatto di cronaca, ma una verità teologica: in quell’ episodio eccezionale, alla luce della resurrezione, egli individua i segni del dono eucaristico, pane di vita della Chiesa.

 Voi stessi date loro da mangiare. in queste parole  c’è l’indicazione profonda del significato dell’Eucaristia. Infatti  letteralmente il testo cita date a loro voi da mangiare: come nell’Eucaristia Gesù si fa pane così coloro che lo accolgono devono essere capaci, a loro volta, di farsi pane, alimento di vita per gli altri. L’avorio raffigura in un passamani, tale concetto: Gesù dà i pani agli apostoli che a loro volta lo distribuiscono.

Ci sono altri particolari importanti  presenti nella pericope matteana ed individuati dall’artista, in alcuni casi trasposti, volutamente, da un episodio all’altro.

Non una folla anonima ma cinquemila persone

La folla, è suddivisa in  cinque gruppi, in riferimento al numero cinquemila ricordato nel brano. Lo stesso numero è citato in Atti 4,4. I multipli di cinquanta nella Bibbia indicano l’azione dello Spirito:  i profeti, guidati dallo Spirito, andavano a gruppi di cinquanta, la Pentecoste è  il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua.  Quel gruppo, secondo l’evangelista era retto dall’azione dello Spirito; senza contare le donne e i bambini” dettaglio considerato anche dall’artista: nel nostro avorio sono raffigurati solo uomini. Perché questo dettaglio? Perché nel culto ebraico la celebrazione poteva iniziare solo quando erano presenti almeno dieci uomini adulti, donne e bambini non contavano. Con la condivisione dei pani nasce il nuovo culto che non si esercita più nella sinagoga ma ovunque esista la condivisione generosa. Il nuovo culto non ha più una dinamica ascendente: dagli uomini rivolta a Dio, ma è discendente, parte da Dio ed è rivolto agli uomini, perché il Gesù di Matteo è il Dio con noi che chiede di essere accolto perché alimento di vita, di forza per ogni uomo.

Sdraiati

Ancora un particolare: sono tutti sdraiati sull’erba, così come afferma Matteo. É la posizione che assumevano gli ebrei, stesi su una sorta di lettini, durante la santa Cena.

I pani e i pesci

Nella seconda scena, sul tavolo scorgiamo dodici pani e un pesce. Il vangelo ci dice che avanzarono dodici ceste di pane. Nella simbologia biblica il numero dodici si riferisce alle dodici tribù di Israele e, nella nuova alleanza alla Chiesa che si fonda sui dodici apostoli. Il pane, quel pane non è stato voluto da Gesù per saziare solo quelle  persone in quel momento preciso, ma qualsiasi uomo che, nel corso dei secoli, ha fame di eternità.

 Il pesce è simbolo dell’ Eucarestia, di Cristo che si offre ai fedeli come loro nutrimento spirituale. Di tale sim­bolismo ci ha lasciato una testimonianza suggestiva Abercio, ultrasettantenne, sacerdote, probabilmente ve­scovo di Hierapolis di Fri­gia, in un epitaffio  scoperto ad Hamman’in Turchia, scrive: «Io, Abercio, visitai tutte le metropoli della Siria, persino Nisbi oltre l’Eufrate, e dappertutto trovai dei fratelli, scegliendo Paolo come compagno di viaggio. Era la fede a guidarmi e a propormi ogni vol­ta come cibo un pesce che veniva da una fonte viva, immenso, puro, concepi­to da una casta vergine». Ecco perché qui, come in tante altre opere d’arte, il pesce è posto nel vassoio sulla tavola dell’ultima cena.

Infine un ultimo particolare, nella terza scena, le persone a cui Gesù lava i piedi sono sette…dovrebbero essere ancora una volta dodici. Perché? mancanza di spazio? Evidentemente no! Mentre il numero dodici, indica la Chiesa che si nutre dell’eucarestia. il numero sette nella Bibbia indica la completezza, la totalità: Gesù il figlio di dio è venuto per servire e salvare tutti gli uomini, non solo i cristiani.