Una parabola di contrasto

Il seminatore

La liturgia questa domenica, ci propone la famosa parabola del seminatore del vangelo matteano.

Gesù esordisce con l’espressione: Ascoltate…” il Verbo rimanda al grande imperativo veterotestamentario:  “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo…. (Deut. 6:4). Non è solo un’invito all’attenzione ma è un appello alla folla di Galilea perché sappia riconoscere l’ora della storia della salvezza che sta iniziando.

 Nel suo racconto Gesù si ispira alla tecnica della semina utilizzata ai suoi tempi e ben lontana dalle tecniche agricole occidentali a cui siamo abituati: la semina avveniva prima dell’aratura a novembre, quando le prime piogge avevano reso umido il terreno disseccato. Il seminatore attraversava il campo pieno di erbacce, gettando il seme ovunque, sui viottoli, tra le erbacce, sui ciottoli perché dopo avrebbe arato tutto.

Una parabola di contrasto: da un lato descrive il lavoro, spesso infruttuoso del contadino, dall’altro contrappone al maggese incolto il campo con i frutti maturi.

Il punto di paragone della parabola non è il seminatore, ma il terreno. Benché esso non sia ideale e molti semi che vi germogliano non portano frutto, il raccolto è comunque ricco. Così sarà per il Regno di Dio: il suo sviluppo sarà inarrestabile e inaspettato.

V. van Gogh. Il seminatore, Arles 1888.

 L’opera d’arte che vi propongo di ammirare è Il Seminatore  di Vincent Van Gogh. Una   raffigurazione non religiosa,  eppure capace di inondare un intenso messaggio evangelico. 

 L’artista, studente di teologia, figlio di un pastore della chiesa riformata e desideroso egli stesso di intraprendere la via paterna, lascerà gli studi ma, trasformerà il forte senso mistico, che racchiudeva nel cuore, in opere d’arte uniche.

 Il seminatore è  una rielaborazione di un opera di Jean Francois Millet che influenzò molto Van Gogh  tanto da farne circa una trentina di copie. Noi ammiriamo l’ultima copia, dipinta nel 1888 e meno famosa.

Vi dominano due colori fondamentali, il viola e il giallo. Per l’artista, che si definì ‘Musicista dei colori’ sono simboli della speranza.

In primo piano ci sono il seminatore, che esce dal campo visivo, e un albero che  si insinua nella scena a cuneo trasversale. Il primo è la raffigurazione dell’artista ma, in esso possiamo senz’altro identificare il seminatore del vangelo, Gesù che semina la Parola di Dio;  in ultima istanza, possiamo anche  leggervi l’uomo, ogni uomo con i suoi innumerevoli gesti, con le sue scelte che inevitabilmente sono seminati nel sentiero della vita e influenzeranno il suo futuro. Il secondo, un albero ormai spoglio che si avvia al grigiore invernale: indica  le sofferenze del tempo presente citate nella seconda lettura; i  limiti che ciascun uomo, a cominciare da Cristo, ha sperimentato e  sperimenta nella sua vita, tutto ciò che vincola e che non permette di spiccare il volo verso mete agognate.

Sullo sfondo un sole gigantesco  che colora il cielo di un giallo intenso e carico mentre dà al campo un colore viola, quasi blu.

Uno scambio di colori!

Il campo, normalmente giallo, è riprodotto in blu, e il cielo, generalmente blu, qui è giallo. Un capovolgimento della realtà: il cielo in terra e la terra in cielo!

E cosa è il Regno di Dio se non accogliere nella realtà divina il creato?

Ecco la Kénosis, lo svuotamento estremo di cui parla san Paolo nella lettera ai Filippesi: Egli non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma umiliò se stesso assumendo la condizione di servo.

 Gesù, il seminatore, incarnandosi, introduce semi di eternità nel tempo, per far sì che quest’ultimo si trasformi in eterno.