Sette

Un numero particolare

Sette è il numero dei fratelli Maccabei violentemente uccisi dal re Antioco IV. Sette sono i fratelli che una vedova sposa, nel racconto provocatorio narrato a Gesù dai  Sadducei. Una coincidenza? Evidentemente no! Il sette è un  numero ricorrente  nella Bibbia  e si riferisce a Dio o alla sua perfezione e completezza.

Nel caso dei fratelli Maccabei indica ‘l’ adempimento alla perfezione rispondente alla legge’ commenta Cipriano da Cartagine [ CCL3, p. 205]. In una lettura tipologica, i sette protagonisti indicano i martiti che, per la violenza subita, godranno della gloria eterna. Il brano infatti è uno dei primi riferimenti veterotestamentari sulla resurrezione dei morti.

Possiamo contemplare l’episodio in una bellissima tela di Antonio Ciseri, custodita a Firenze, nella chiesa di santa Felicita.

Antonio Ciseri, I sette fratelli Maccabei, 1857-1863, Firenze.

I fratelli Maccabei

Sullo sfondo sono raffigurati due particolari che fungono da dati storici: il re seleucida, Antiovo IV, e il Tempio (uno dei riferimenti ispiratori del libro è proprio la festa della dedicazione del Tempio dopo la profanazione fatta da Antioco).

I corpi dei  sette giovani fratelli giacciono, inermi, per terra, quasi un mucchio, senza identità individuale. Si inseriscono così, in un contesto di continuità, all’interno della serie di martirya justorum, nella storia di persecuzione dei giusti che va da Abele fino ai martiri cristiani. Al centro di essi si erge Felicita, la madre dei giovani, unico cuore pulsante di tutta la scena. Per la lettura tipologica patristica raffigura la madre Chiesa, origine e radice dei giusti in Dio. Il numero sette ha la capacità di proiettare questa scena in ambito escatologico, in una prospettiva di perfezione finale. Stiamo ammirando una scena del giudizio universale: è l’inizio dell’ottavo giorno, del Giorno del Signore.

Una provocazione 

Gli interlocutori di Gesù, si inventano un racconto su uno schema settenario, ispirandosi alla saga maccabbaica, proprio per denigrare  la resurrezione in cui non credevano. Quando un uomo moriva senza aver avuto figli, la legge del levirato obbligava il fratello minore a sposare la vedova per garantire una prole che portasse il nome del defunto. Era l’unico modo conosciuto da Israele per pensare ad una vita che continua nonostante la morte.

Gesù non cade nel tranello, chiaramente risponde che la Vita Eterna non è garantita da leggi naturali ma unicamente dalla potenza di Dio. Sarà una vita piena e noi saremo uguali agli angeli e figli della resurrezione. Persino la nostra  corporeità, liberata ormai dai vincoli di spazio e tempo,  vivrà una dimensione totalmente diversa di beatitudine. Guarderemo  Dio faccia a faccia,  in una comunione piena  con quanti ci sono cari,  capaci  di una relazionalità che, nutrendosi dell’Amore Puro, riuscirà a sgretolare qualsiasi barriera di estraneità .