L’Amministratore scaltro

Una parabola sulla ricchezza

L’uso moralmente giusto dei beni materiali è stato sempre oggetto di riflessione che ha attraversato trasversalmente tutte le epoche e tutti gli ambiti umani, religioso compreso. Apparentemente è proprio questo il filo che annoda la pericope evangelica con il quadro che vi propongo di ammirare: l’utilizzo cristiano della ricchezza. Ne parla l’evangelista Luca, al sedicesimo capitolo del suo primo libro ed  è l’oggetto di ispirazione di quasi tutta la   produzione artistica del pittore fiammingo Marinus van Reymerswael, di cui ammiriamo la tela dedicata alla parabola dell’amministratore scaltro.

Marinus van Reymerswaele, Parabola dell’amministratore scaltro, 1540, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Nei primi anni del cinquecento l’Europa fu interessata da una profonda trasformazione socio-economica; si diffuse un’economia di tipo capitalista che portò, in alcune regioni, l’espansione di un fiorente mercato monetario. L’artista, molto attento ai problemi sociali e religiosi, fu espressione di una corrente artistica, che condannava esplicitamente l’avidità di coloro che speculavano sul denaro.

Nell’opera, fedele espressione della pericope evangelica, notiamo i due protagonisti: il padrone e il servo. Sono in una stanza-ufficio, alle spalle una libreria colma di registri, fogli e strumenti utili all’amministrazione economica. Ma una finestra, alle spalle dell’amministratore, ci permette di osservare il passato: il gesto fatto dall’uomo e raccontato dalla parabola.

Colui che detiene il potere

Si intravede di nuovo l’amministratore che parla concitatamente con delle persone; una di esse è intento a scrivere qualcosa. Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta! C’è un particolare molto importante da notare: in primo piano è il padrone ad avere il capo coperto da un cappello; nella scena descritta in secondo piano è invece l’amministratore. Il copricapo è il simbolo del potere: lo indossa chi ha il primato decisionale in quella particolare situazione. Proprio partendo da questo particolare si può meglio comprendere la parabola che non è affatto di semplice interpretazione. L’attenzione deve andare unicamente sul gesto decisionale. L’amministratore, personaggio indubbiamente ambiguo, dopo tante domande a cui non riesce a dare risposta, decide con un gesto: allevia il debito ai sottoposti; il padrone, a sua volta, non chiede il perché, ma unicamente loda quel gesto.  

La capacità di decidere

Gesù sta spiegando ai suoi ascoltatori che nell’uomo, prima creatura di tutto il creato, c’è una componente unica: la capacità di decidere, liberamente e razionalmente. Tale decisione riguarda persino Dio: possiamo stare con  Dio, possiamo stare contro Dio; possiamo vivere con l’Amore, possiamo  vivere senza l’Amore. Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Quando prendiamo tale decisione lo facciamo con tutti i nostri beni, ricchezza materiale compresa. Ma lo facciamo soprattutto con tutto noi stessi, con tutto il nostro mondo. La risposta che seguirà riguarderà la nostra persona, la nostra storia, ma riguarderà anche le persone e le storie di coloro che ci circondano.