Con grande gioia

A giudicare dai racconti lucani l’Ascensione è il definitivo distacco di Gesù dai suoi discepoli. Eppure questi ultimi rientrano a Gerusalemme con grande gioia! Gesù, maestro ed amico, si è definitivamente congedato da loro ma la nostalgia e la tristezza cedono il posto ad una profonda gioia, simile solo a quella provata il giorno della Resurrezione. Perchè?

Per comprendere questa, apparentemente, strana reazione, ci può esser di aiuto il capolavoro di Giotto, affrescato nella Cappella degli Scrovegni dal 1303 al 1305. La scena è curata con maestria e attenzione fin nei minimi particolari: le preziose orlature dei vestiti angelici o le espressioni di stupore dipinte negli occhi dei protagonisti danno all’opera un alto senso di realismo.

Giotto, Ascensione del Signore, Cappella degli Scrovegni, 1303-05, Padova.

Su uno sfondo di un vivo e forte azzurro si delineano nettamente due registri orizzontali. In basso due gruppi di persone in ginocchio: sono undici apostoli ( manca Giuda e non c’è ancora Filippo). Piccola Chiesa nascente che ancora ha da comprendere pienamente il mistero di Dio: i  volti stupiti e commossi guardano verso l’alto e qualcuno, con le mani, si ripara il volto dalla luce troppo abbagliante che proviene dal Cristo glorioso.

Nel gruppo di sinistra, un po’ separata, si scorge Maria. La sua reazione è diversa: totalmente protesa verso quella visione, ci appare come trasfigurata da quell’andare del Figlio. Il suo volto, non più giovanile, ci rivela l’intensa preghiera che la Madre sta vivendo in quel momento.

Nel secondo registro, quasi speculari ai due gruppi terreni, due schiere di angeli. Al centro emerge la figura di Gesù. Indossa un vestito di un bianco argenteo, per la luce che emana. Posto all’interno di una vesica piscis aurea, simbolo della sua doppia natura, umana e divina,  ‘sale’, al cielo delineando una via.  Ma ciò che colpisce è la posizione delle sue mani: escono dal quadro. È questo particolare la chiave di lettura teologica di tutta la rappresentazione.

Il pittore ha fissato con i suoi colori non l’evento, ma il suo significato. L’ascensione è il ritorno di Gesù al Padre, il suo a-Dio. Così egli sta aprendo un varco tra il mondo dell’uomo e il mondo di Dio; tra Tempo e l’eterno, tra l’immanente e il trascendente. Gesù è il Pontefice; quelle mani creano quasi una breccia, una via così che Dio, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, possano entrare nel mondo, nel cuore dei battezzati.

La “grande gioia” dell’Ascensione deriva dalla consapevolezza che l’addio di Gesù non ha lasciato un vuoto, ma ha permesso una Presenza, infinitamente più grande, in mezzo a noi, nei nostri cuori.