Il discorso della montagna

Entrando nella cella numero 32, lungo il corridoio nord, del convento di San Marco a Firenze, ci si trova davanti ad un’opera che, per la sua bellezza, toglie il fiato. E’ il discorso della montagna, un affresco opera di Fra Giovanni da Fiesole, il Beato Angelico.

Beato Angelico, Discorso della montagna, 1438-144-, Convento di San Marco, Firenze.

Una raffigurazione estremamente semplice e sobria coglie  pienamente il significato del Sermone del Nazareno che questa domenica ci viene proposto.

Le beatitudini o macarismi sono un genere letterario già conosciuto nel mondo  antico, greco, orientale e anche biblico. Le persone sono dichiarate felici  a motivo della loro partecipazione al mondo futuro, a patto che osservino scrupolosamente la legge.  Nei macarismi di Gesù invece non c’è da seguire nessun comportamento previo, ma c’è una chiamata a rallegrarsi, a gioire perché il Regno di Dio è vicino.

L’affresco raffigura Gesù, su una montagna, attorniato dai dodici Apostoli.  Il Signore è seduto, la postura altera, il vestito e l’espressione del volto fanno di lui un maestro, il Maestro. La mano destra è alzata e l’indice è rivolto verso l’alto, verso Dio.  L’altra mano stringe  un rotolo, il rotolo della Legge, in esso sono contenute le parole della Legge Nuova.  C’e’ un presente,  Gesù:’ Egli è l’amico sapiente che istruisce dolcemente i suoi discepoli; e’ il mediatore tra gli uomini e il Padre. C’e un futuro, verso cui i fedeli di Cristo, tendono: la Gioia senza fine al cospetto del Padre. 

Gli Apostoli, seduti anch’essi sulla roccia,  delineano un  semicerchio di cui Cristo e’ l’inizio e la fine, l’alfa e l’Omega. Rappresentano  la  Chiesa. Forse l’artista ha inteso raffigurarLa come  città collocata sopra un monte: i dodici  ne delineano la cinta muraria mentre Gesù emerge come la torre.  Anche questa volta c’e un presente, un gia’. Ma la stessa raffigurazione rimanda anche alla Gerusalemme celeste con le sue dodici porte e dalle mille pietre preziose. E’ il non ancora. I dodici uomini  brillano di una luce cangiante; rappresentano la promessa di ‘cosa’ o di ‘come’ diventeranno i figli di Dio: luminosi di luce divina.